C’è un paesino ai piedi delle Alpi Apuane, in provincia di La Spezia ma a due passi dal confine tra Liguria e Toscana, che si chiama Ortonovo. Non conoscevo questa località così vicina alla mia terra, eppure pensate che è uno dei comuni più densamente popolati della provincia! Ortonovo si erge su una collina che scende poi ai piedi del fiume Magra e che si affaccia sul Golfo della Marinella; è intorno ad esso che si svolge il blogtour “Turisti sulla Luna”, al quale ho avuto il piacere di partecipare a fine settembre assieme alla mia amica Stefania del foodblog Dolcissima Stefy, a Chiara, giornalista di Latitudes Life, e a Nicola ed Edoardo, travelbloggers per My Travel in Tuscany. Grazie a questo blogtour ho conosciuto posti vicini a casa eppure così poco noti, ma che vale la pena di far conoscere a chi visita queste zone: fidatevi, non rimarrete delusi! Per questo, non posso che ringraziare Massimo del Consorzio Lunae Civitas, che ha reso possibile tutto ciò!
La prima tappa del nostro blogtour è l’Agriturismo La Sarticola. All’arrivo ci troviamo immersi tra viti ed ulivi, in un terreno che si estende per 4 ettari. L’agriturismo, gestito da Matteo, che ha ristrutturato l’ambiente portando avanti l’attività di famiglia, produce soprattutto olio (le varietà principali di olive sono la razzola, la prempesa, la lantesca ed il frantoio), miele di millefiori e vino (Vermentino e Merlot).
Ma non è tutto: passeggiando per gli estesi terreni, scopriamo anche lo “zoo agricolo”, animali da cortile allevati dalla famiglia di Matteo: maiali, polli, galline, oche, anatre e faraone!
L’agriturismo dispone anche di camere e, cosa interessante, si occupa della “fattoria didattica”, ossia di visite guidate per bambini che vengono accompagnati alla scoperta della vigna, dell’orto e dell’uliveto, imparando le varie tecniche di coltivazione, vendemmia, raccolta di olive e partecipando anche ad attività sul campo!
Dal punto di vista culinario, poi, si va sul sicuro: il pranzo che abbiamo degustato, tutto a base di prodotti di loro produzione, osserva le tradizioni della cucina di confine tra Toscana e Liguria. Matteo è anche un bravo cuoco e, assieme alla madre, ci offre un pranzo da re: torte salate, salumi, formaggi, panigacci (pane non lievitato tipico della zona, a base solamente di acqua, farina e sale, cotto nei tradizionali testi), tortelli, spaghetti all’ortica conditi con verdure fresche, soprassata di coniglio e coniglio alla cacciatora!
Nel pomeriggio visitiamo il centro storico di Ortonovo, la cui storia è legata all’antica città romana di Luna (vedi sotto). Il borgo, dopo essere stato assoggettato a varie giurisdizioni durante l’antichità, si divise definitivamente dalle vicine città di Nicola e di Castelnuovo di Magra (con le quali c’è ancora una sorta di rivalità che affonda le sue radici nella storia), fino a passare intorno al 1400 sotto la dipendenza di Lucca: ne è testimonianza la Torre di Paolo Guinigi, sullo stile della famosa torre presente all’interno delle mura di Lucca, che si erge nella piazza principale di Ortonovo.
Una delle frazioni di Ortonovo è l’Annunziata, ed è qui che si trova la Locanda il Monastero, che ci ospita per la notte. La locanda è il posto perfetto per chi ricerca quiete e tranquillità: immersa nel verde, affacciata sulle colline su cui si erge Ortonovo e sul mare, essa è ricavata da un antico convento ristrutturato magistralmente!
Nei giardini della Locanda si svolge tra l’altro la mostra personale “Aperture” dello scultore Fabrizio Lorenzani, impegnato nella ricerca di accostamenti innovativi di materiali e nell’equilibrio della forma.
In salita alla Madonna di Ortonovo, sul Monte Boscaccio, si erge il Santuario di Nostra Signora del Mirteto, un luogo davvero magico…
Un tempo semplice oratorio, il santuario è divenuto poi meta di pellegrinaggi a seguito di un evento “miracoloso”: lo sgorgare di lacrime di sangue da un dipinto della Madonna ai piedi della croce di Gesù. Questo evento diede l’impulso per la costruzione dell’edificio attuale, più alto e più ampio, intorno al 1540 ad opera dell’architetto lucchese Marcello Lippi.
Il santuario fu abbandonato fino alla nascita del Regno d’Italia; nel 1888, poi, questo fu affidato ai Dominicani, l’ordine di frati che da sempre lo aveva occupato. Oggi, il Santuario è gestito dai sacerdoti della Fraternità Missionaria di Maria, un ordine originario del Guatemala.
Il santuario è adibito anche a locanda ed accoglie coppie e famiglie per la notte; nel refettorio, inoltre, è possibile cenare, un’esperienza che consiglio vivamente: il nostro pasto è stato forse uno dei più tradizionali mai assaporati! Crostini con pesto, panigacci, taglierini fatti in casa in brodo, galletto con verdure e la celebre torta di riso massese!
La scoperta di queste terre di confine, la cui storia è stata densa di eventi e travagliata al seguito del succedersi di svariate dominazioni, prosegue il mattino successivo con la visita all’Area Archeologica dell’Antica Città di Luna, un tempo antica e prospera colonia romana fondata nel 177 A.C.
Luna conobbe il suo periodo di massimo splendore sotto l’impero di Augusto intorno all’89 A.C., arrivando a contare oltre 50.000 abitanti. Saccheggiata dai barbari, Luna tornò fiorente in epoca bizantina e rappresentò un importante porto dell’Impero Romano d’Oriente, entrando in competizione con Lucca per il predominio della regione.
Oggi, di questa città non restano che ricordi: nell’860 D.C. fu infatti nuovamente saccheggiata e praticamente rasa al suolo, questa volta dai Vichinghi. La leggenda narra che Re Hasting credette di essere giunto a Roma, tanto Luna era sfarzosa e ricca: avrebbe dovuto essere Roma, infatti, la vera meta delle loro scorrerie.
La distruzione avvenne in un modo curioso, che ricorda quello dell’antica città di Troia: Re Hasting, dichiarando di volersi convertire al Cristianesimo, finse poi di ammalarsi gravemente e chiese che i suoi funerali avvenissero all’interno della città. Fintosi morto, fu quindi fatto entrare dentro la città di Luna con un corteo funebre assieme ai suoi soldati, segretamente armati. Una volta dentro saltò fuori dalla bara, uccidendo prima il Vescovo che presenziava al suo funerale, quindi fece entrare altri uomini nascosti con le navi dietro ad un promontorio: la città fu rasa al suolo, stavolta per sempre.
Della fiorente epoca romana, ciò che resta maggiormente visibile è l’anfiteatro, che sorgeva fuori dalla cinta muraria della colonia. Di forma ellittica, esso aveva una capienza di circa 7.000 spettatori, ed era uno dei più grandi anfiteatri che i Romani costruirono in tutta Italia. Chissà che splendore sarebbe stato, a quell’epoca, essere un abitante di una città così ricca e prospera 🙂
Il nome della città, Luna, pare derivare dalla dea Selene, che veniva chiamata dal popolo latino “Lunae”, ma potrebbe derivare anche dalla forma a falce dell’allora porto cittadino. Altri storici credono invece che “Luna” derivi da “luk”, ossia “palude”, visto che la colonia di Luna era circondata da ampie zone paludose poi bonificate dai Romani. Da qui deriva il nome della Lunigiana, la zona che appunto comprende la provincia di la Spezia, in Liguria, e quella di Massa Carrara, in Toscana.
Quel che è certo è che questo nome oggi individua tutta una serie di luoghi rappresentativi del territorio, E’ il caso delle Cantine Lunae Bosoni, nella frazione di Casano di Ortonovo: una grande tradizione vitivinicola inaugurata da Paolo Bosoni nel 1966 che va avanti da generazioni e che affonda le proprie radici proprio nella storia millenaria di questa terra e dei popoli che l’hanno abitata.
L’ambiente è davvero mozzafiato: locali ampi, ben tenuti, davvero splendidi; una cantina di qualità il cui lavoro va avanti grazie alla passione e al rispetto per la terra e per la ricerca.
Ma quel che colpisce di più gli occhi dell’ambiente di Ca’Lunae, cuore ed espressione delle cantine, è il giardino esterno, ricco di erbe aromatiche, fiori e piante da frutto, in un tripudio di colori e di profumi da far girare letteralmente la testa… Un luogo da sogno!
Per conoscere a fondo il lavoro delle cantine è stato istituito anche un museo, che racconta le varie fasi della vitivinicoltura dall’antichità fino ai giorni nostri, attraverso macchinari, attrezzi e oggetti rappresentativi che fanno balzare la mente a ritroso nel tempo.
Le terre della famiglia si estendono nei Colli di Luni, dalla pianura a sud del fiume Magra alle Alpi Apuane, al confine con la Toscana: è qui che si produce il vino che degustiamo in quello che è un vero e proprio viaggio sensoriale! Vermentino e Albarola (i bianchi), Sangiovese e Merlot (i rossi) innaffiano un buffet di qualità costituito da un tripudio di salumi e formaggi!
Le terre di confine sono una cosa meravigliosa: bastano pochi, pochissimi km per ritrovarsi dalla Liguria alla Toscana. La città che segna il confine è Carrara, famosa perché qui si trova l’ammasso più consistente di giacimenti marmiferi di tutte le Alpi Apuane. Ci addentriamo in quello che è un vero e proprio MarmoTour all’interno della montagna, per visitare le cave Fantiscritti dall’interno.
L’attività estrattiva ha origini remote (II sec. A.C.), con gli antichi romani che usarono molto il marmo per la costruzione delle loro ville e dei loro monumenti. La fortuna di quest’attività estrattiva, che è alla base dell’economia della città di Carrara, è avvenuta però durante lo sviluppo industriale del 1800; attualmente, si producono circa 800mila tonnellate all’anno di marmo, con tecniche sempre più avanzate che hanno permesso di migliorare le condizioni di lavoro.
Per comprendere al meglio la condizione sociale degli operai che lavoravano all’interno delle cave, non perdetevi la visita al Museo sulla lavorazione del marmo, una testimonianza diretta del lavoro alle cave, della “cultura” dei cavatori e della storia di queste montagne.
A due passi da qui si trova Colonnata, frazione di Carrara, conosciuta in tutto il mondo non solo per le cave di marmo, ma anche per la produzione del famoso lardo!
Federica ci accoglie presso la Larderia di Fausto Guadagni per raccontarci qualcosa di più sulla produzione del lardo: si tratta di maiali nati e allevati in 10-12 zone del centro nord (indicativamente in Toscana, Emilia Romagna, Lombardia e Veneto), controllati in base agli stessi disciplinari del Prosciutto di Parma e del San Daniele per quanto riguarda la loro alimentazione. Il lardo non è altro che la schiena del maiale (dal collo in giù, fino ai lati): si tratta quasi essenzialmente di grasso, anche se il disciplinare ammette che esso possa presentare una striscia di magro.
Entro 72 ore dalla macellazione, il lardo viene messo nelle conche, vasche rigorosamente di marmo proveniente dalla zona dei Canaloni, alle spalle di Colonnata: si tratta di marmo vetrino, più adatto a quest’uso per via della sua resistenza, poiché non si sbriciola a contatto con la salamoia. Queste vasche vengono preparate in precedenza senza l’ausilio di prodotti chimici (ricordiamoci che il marmo assorbe qualunque sostanza!), quindi vengono agliate e successivamente vi vengono posti strati di sale, erbe e spezie alternati a strati di lardo.
Tali vasche vengono chiuse in un ambiente freddo; la carne rilascia a poco a poco la sua acqua e così il lardo si purifica: una salamoia naturale che si crea nei primi 20 giorni e che lavora contro l’ossidazione, poiché l’aria potrebbe deteriorare i grassi. Tale processo dura almeno 6 mesi; rilasciata l’acqua, nei primi 3 mesi le carni iniziano ad assorbire il sale che fuoriesce poi trascorso questo tempo, e il lardo assorbe i profumi delle spezie: rosmarino fresco, aglio e pepe nero, una miscela di base arricchita poi in base al produttore in modi più o meno diversi (cannella, chiodi di garofano etc.). Occorrono almeno 6 mesi affinchè la complessità della miscela di erbe e spezie si ritrovi poi al cuore del prodotto. La stagionatura, però, si può protrarre anche più a lungo: più il lardo stagiona, più è morbido e perde l’odore caratteristico del maiale. Solitamente, stagionature più longeve (3-4 anni) hanno luogo per animali bradi come i maiali di cinta o quelli grigi, che hanno già un loro gusto proprio per sopraffare il quale occorre più tempo.
Dalla teoria alla pratica, presso i locali della Locanda Apuana, trattoria per eccellenza in cui assaporare tutte le specialità tradizionali del luogo, degustiamo questo prodotto caratteristico… E non solo!
Anche nel caso di Colonnata, la storia antica la fa da padrona: si dice che il nome del borgo derivi dal latino “columna”, indicando con questo termine il luogo in cui venivano estratte le colonne di marmo da inviare a Roma. Tuttavia, il nome potrebbe trarre origine anche dalle parole latine “collis” e “columen”; che significano “sommità”.
La storia antica è il filo conduttore di questo blogtour, un percorso indietro nel tempo alla scoperta di aneddoti, storie, luoghi e sapori di una tradizione che affonda le sue radici in una storia che più antica non si può, ricca di eventi e densa di significato. Anche nel caso del Casale Amati, country house immersa nel verde, non può essere che così…
La struttura era nel 1300 un antico frantoio; una sorgente d’acqua purissima consentiva il movimento delle pesanti macine di pietra e degli ingranaggi utilizzati per la produzione di un delizioso olio prodotto con le olive che maturavano sulle colline circostanti. Il proprietario del frantoio e dei terreni, il Marchese Amati, trasformò la struttura in unità abitative, trasformazione poi proseguita dai suoi eredi. La ristrutturazione degli ambienti rispetta lo stile e le caratteristiche originarie, conservando molti dei tratti tipici: all’interno della struttura, infatti, si possono ancora ammirare gli antichi arredi, in tutti e tre gli appartamenti disponibili.
Il Casale è circondato da ben 7.000 mq di terreno coltivato con viti, ulivi, alberi da frutto, noci e noccioli; tutto ciò fa sì che la struttura risulti un luogo di puro relax, adatto per rigenerare corpo e mente. In questo ambiente così riservato e suggestivo, Federica detta “Chicca”, l’erede bellissima e solare, ha organizzato una mostra di artisti contemporanei che spazia dalla pittura alla scultura, dalla fotografia alle ceramiche… Un mix di colori ed opere d’arte indescrivibile in questo spazio così caratteristico, che vale la pena di visitare!
Il già nominato paese di Nicola ci ospita poi per cena, presso il Ristorante da Fiorella, dove di nuovo degustiamo le innumerevoli bontà della cucina di confine: acciughe con radicchio, funghi porcini, torta di riso dolce e salata e focaccia all’olio extravergine di oliva…
Stavolta, le origini del nome sono bizantine: il nome del paese, Nicola, proviene infatti da “mikauria”, nome che poi tramuterà in “mica aurea”, per via di una miniera d’oro scoperta dagli abitanti di Luna ma che si esaurì in fretta.
Il mattino successivo continuiamo la nostra visita alla scoperta di Ortonovo, dedicando le nostre attenzioni al Museo Etnografico della Colombara, costruito a metà del XIX secolo sopra una struttura preesistente del XVI secolo, il frantoio della Colombara appunto.
All’interno del museo vi sono le vasche di decantazione, le macine ed i vari attrezzi (più di 300!) utilizzati dai contadini per la produzione dell’olio extravergine di oliva (ma anche relativi ai cicli della vite e del grano), dalla raccolta alla spremitura: il lavoro nel frantoio si svolgeva in pochi mesi invernali, da novembre a gennaio; ogni famiglia di contadini raccoglieva le olive che cadevano spontaneamente poiché mature o staccate dal vento, e si recava qui per la frangitura.
La struttura presenta al suo esterno anche un antico mulino ad acqua… Un luogo davvero suggestivo, che vale la pena visitare per comprendere appieno la cultura delle antiche popolazioni del luogo; apre solo su prenotazione, quindi vi consiglio di organizzarvi!
Questo affascinante blogtour volge al termine con la visita ad un’altra azienda vitivinicola, a suo modo diversa: si tratta dell’Azienda Agricola La Felce, di Andrea Marcesini, situata ai piedi delle colline di Ortonovo. Andrea, tra un lancio di bastone e l’altro al suo fedele amico a 4 zampe Artù, ci racconta della sua attività.
Nei suoi 5 ettari di terreno, Andrea produce dal 2001 vini di qualità, naturali e biodinamici, arrivando a produrre oggi circa 15.00 bottiglie all’anno, utilizzando tecniche di produzione molto curate e specializzate, con i metodi antichi ai quali applica le conoscenze moderne.
Grazie a questi metodi, egli riesce ad ottenere una qualità di vino davvero elevata, come nel caso del vino “In Origine”, Vermentino naturale dei colli di Luni, o del “Re Conteso”, un rosso rubino intenso ed elegante.
La coltivazione biodinamica delle uve permette di produrre un vino naturale al 100%: Andrea, che è il primo consumatore del vino che egli stesso produce, interpreta i suoi prodotti e la terra che coltiva con lo spirito di un “agricoltore, artigiano e artista”: l’attaccamento alla tradizione e alla vecchia cultura rurale è davvero molto forte.
Il legame con la terra e con le antiche tradizioni è stato intenso e profondo nell’arco di tutto questo blogtour, dall’architettura all’enogastronomia, dalle coltivazioni alle antiche civiltà conosciute… Una terra, quella di Ortonovo e dintorni, che vale la pena di conoscere più a fondo non solo per chi, come me, vi vive davvero vicino, ma anche per chi viene da più lontano ed è alla continua ricerca di luoghi magici… Qui siamo davvero nel posto giusto!
Per info: www.lunaecivitas.it
Cecilia Bendinelli dice
Ma che meraviglia Sara!!! Conosco bene questi posti, quasi tutti, ora con il tuo bellissimo resoconto mi riprometto di visitare quelli che mi mancano! Alla Locanda Apuana la prossima volta, insieme al lardo, fatti portare i fichi caramellati: sono da urlo!!!
Sara dice
Ciao Cecilia!! Ma dai, i fichi caramellati? La prossima volta non mancherò! 😉 Io invece non conoscevo quasi per niente queste zone, un po’ quelle di qua dal confine ma, ammetto, per niente Ortonovo! Grazie del consiglio e… Felice di averne dati a te! 😀