Oggi il Calendario del Cibo Italiano ci porta a conoscere le Pallotte Cac’e Ove, piatto tipico della tradizione abruzzese, e lo farà con Elisabetta Vallereggio del blog Il Mondo di Betty, ambasciatrice di oggi, che ci racconterà tutto su questa golosa preparazione nel suo post ufficiale.
Io invece vi porto in Molise… E immagino vi stiate chiedendo che cosa c’entri. Beh, è presto detto! Vi faccio conoscere un piatto simile, praticamente gemello, ma molto meno noto, U’ Scescille o Sciscille di Termoli: le Pallotte Cacio e Uova Molisane!
Partiamo dal principio, ovvero dal binomio “cacio e uova”. Indubbiamente, la prima cosa che viene in mente sono i nostri amati spaghetti alla carbonara di tradizione laziale… E beh, essi non sono altro che figli di un’antica tradizione pastorale che è rimasta in vita più che altro in Abruzzo, ossia quella di unire cacio e uova assieme a pane raffermo – che nella carbonara è stato sostituito con la pasta, cambiando quindi la fisionomia del piatto – a formare queste squisite “pallotte”, oggi cavallo di battaglia della cucina abruzzese assieme ad altre preparazioni che vedono protagonista il tandem “uova e formaggio” (celebri, ad esempio, l’agnello e la zuppa di cicoria).
Il piatto, nato appunto per ingannare l’appetito durante la transumanza dei pastori, che riempivano con le “pallotte” il loro tascapane, è l’espressione di una cucina povera che si inventa da sola nel tentativo di non sprecare avanzi di pane secco e di formaggio. Ciò trova conferma in tempi di guerra, quando il piatto, ricco di proteine, veniva consumato proprio per sopperire alla scarsità di carne: infatti, con l’invasione tedesca, le case contadine venivano saccheggiate ed i contadini stessi erano costretti a nascondere del formaggio, qualche pezzo di pane e delle uova sotto i mattoni, che le donne utilizzavano per poter sfamare i propri figli proprio cucinando le “pallotte”.
La ricetta si è poi “fermata” stabilmente nelle case delle massaie abruzzesi anche in tempi di maggior benessere, ed attualmente se ne trova traccia anche in taverne e locande che si adoperano per portare avanti questo particolare tipo di cucina, a testimonianza del valore di questo patrimonio enogastronomico. Oggi, le pallotte sono impastate con gli stessi ingredienti di un tempo (pane raffermo, uova, pecorino rigatino, prezzemolo) e fritte in olio di oliva, per poi essere ripassate in un gustoso sughetto a base di pomodori e cipolla, e si servono calde.
Molto meno note, invece, sono le “scescille” o “sciscille” del vicino Molise, tipiche della zona costiera e in special modo della città di Termoli. Il piatto, un tempo servito come accompagnamento per le tradizionali zuppe di pesce, è molto simile: gli ingredienti sono gli stessi, e sono impastati a formare delle polpette di forma ovale anzichè rotonda per poi essere cotte direttamente nel sugo a base di pomodoro e cipolla, senza quindi previa frittura.
Per diversi anni, a Termoli, questo piatto povero così gustoso e delicato è stato riportato in auge dalla sagra istituita appositamente per celebrarne e diffonderne la tradizione tra coloro che non lo conoscevano o che ne avevano dimenticato l’esistenza, visto che l’usanza di cucinarlo si era praticamente persa.
Quest’anno, tuttavia, la sagra (che avrebbe dovuto tenersi in luglio) non c’è stata, con sommo dispiacere di tutto il paese: le signore che per anni l’hanno organizzata, alzandosi all’alba per lavorare sotto il solleone pomodori e cipolle in quantità industriali e per impastare – rigorosamente a mano – pane raffermo e tonnellate di uova, sono rimaste in poche, e quelle poche hanno una certa età. Nessun ricambio generazionale, nessun giovane che abbia voglia di faticare ed impegnarsi per tenere in vita le tradizioni gastronomiche della propria terra… E questo, francamente, fa dispiacere.
Lungi da me ergermi a paladina della riscoperta di usanze perdute… Ma quando ho letto “cacio e uova” mi si è accesa una lampadina e, scoprendo le “scescille” molisane – le sorelle light delle “pallotte” abruzzesi – mi si è accesa la seconda. Quindi, sognando di gustare questo piatto a casa di qualche anziana signora termolese, l’ho cucinato per voi… Chissà che non abbia fatto cosa gradita per qualcuno!
Ah: alcune versioni prevedono che nel sugo si utilizzino anche i peperoni. Perdonatemi, ma come sapete io non li mangio e dunque la mia ricetta non li contiene… Diciamo che è ancora più light!
- 3 uova
- 180 g di pecorino rigatino (con crosta rigata, stagionatura media, sapore deciso)
- 130 g di mollica di pane raffermo
- 1 mazzetto di prezzemolo
- 1 cipolla rossa
- 250 g di pomodori San Marzano
- olio extravergine di oliva
- sale
- pepe
- qualche foglia di basilico
- Cominciate preparando le polpette: sbattete il una ciotola capiente l’uovo ed amalgamatevi il pecorino grattugiato; tritate al mixer la mollica di pane raffermo assieme al prezzemolo ed unite il tutto al composto di uova e pecorino, versando un filo d’olio; aggiustate di sale e pepe. Fate riposare l’impasto in frigo per un’ora, coperto da pellicola trasparente.
- Quando il tempo di riposo dell’impasto sarà quasi terminato, preparate il sugo: tritate la cipolla, soffriggetela in un tegame capiente con l’olio e, quando sarà trasparente, unite i pomodori precedentemente tagliati a cubetti; aggiustate di sale e pepe, unite 1 bicchiere di acqua e lasciate cuocere per circa 20 minuti, allungando con altra acqua se necessario (il sugo dovrà essere “lento”).
- Mentre il sugo cuoce, riprendete l’impasto e con esso formate le “scescille”, dando loro una forma allungata e compattandole benissimo. Adagiate le polpette nel sugo, che non dovrà mai restare troppo asciutto (le “scescille” tendono ad assorbirlo, quindi aggiungete altra acqua, poca alla volta, se vedete che ritira troppo), e cuocetele per circa 20 minuti avendo cura di girarle delicatamente di tanto in tanto.
- A fine cottura profumate il piatto con qualche foglia di basilico fresco e servite subito.
Bibliografia:
G. Ballarini, Il boccon del prete, 2015, Tarka Edizioni
http://www.comune.termoli.cb.it/
http://www.termolionline.it/
http://www.tastefromabruzzo.com/
http://www.vasteggiando.it/
http://www.primonumero.it/
http://lericettedifamiglia.altervista.org/
Irene dice
Grazie Sara perché non conoscevo assolutamente questa versione molisana. Devono essere ottime e senza frittura, penso anche più leggere. Devo provarle assolutamente 🙂
pixelicious dice
Ciao Irene! Senza frittura sono più leggere ma altrettanto golose… Provale, e poi mi dici! Grazie di cuore di essere passata 🙂